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Memorie della chiesa e della statua lignea di San Donato a Ruvo di Puglia

Molto venerato nel centro-sud Italia, san Donato, secondo vescovo di Arezzo e martire, è avvolto da un’aura di mistero, come sempre avviene per i più antichi santi martiri. La sua passio racconta di numerosi miracoli compiuti in vita che hanno costruito il complesso di simboli iconografici che permettono di distinguere il vescovo aretino da altri santi “omonimi” di altra provenienza.

Nelle immagini più antiche san Donato è raffigurato con un calice tra le mani perché si racconta che, durante la celebrazione di una Messa, al momento della Comunione, entrò nel tempio un gruppo di pagani che mandarono in frantumi il calice utilizzato per la funzione. Donato, invocò il Signore, raccolse i frammenti e li riunì ma non erano tutti: mancava un pezzo del fondo. Il vescovo continuò comunque a servire il vino e, miracolosamente, questo restava nel calice, senza rovesciarsi sul pavimento. Questo fatto miracoloso fece convertire ben 79 pagani ma gli costò anche la vita: venne arrestato di lì a poco e decapitato ad Arezzo il 7 agosto, data a lui dedicata nel calendario liturgico.

A.L.P., San Donato, 1677, Chiesa Madre di San Donato di Lecce

Nell’iconografia più recente, però, san Donato viene raffigurato con una mezza luna, simbolo del patronato del santo sui malati di epilessia, il cosiddetto “mal della luna” per l’analogia con la ciclicità delle fasi lunari. Donato viene invocato contro questo male poichè si racconta che abbia guarito un bambino colpito dal “morbo sacro” sotto richiesta della madre, ritenuta, dalla ignorante tradizione popolare, “colpevole” di aver dato alla luce un bambino epilettico.

A Ruvo di Puglia, al santo era dedicata una piccola chiesa intra moenia, posta tra la chiesa del Purgatorio e quella dell’Annunziata. Non si hanno notizie certe sull’epoca della sua edificazione, da porre in un periodo sicuramente antecedente alla metà del Seicento. Nella Platea del Capitolo Cattedrale del 1658, infatti, tra le contrade cittadine esistenti vi è quella di San Donato, così denominata dalla presenza dell’omonima chiesa che risultava essere di diritto beneficiale e titolare di un parco alla via di Altamura(1).

Dal testamento di Antonio Avitaya del 1678, apprendiamo che in quegli anni si stava riedificando l’edificio sacro, per il quale il testatore legò serici drappi […] perchè fossero serviti a fare ornamento dell’altare nella celebrazione della prima messa(2) ma probabilmente le operazioni di restauro non ebbero il risultato sperato. Nel 1710, infatti, la chiesa si presentava inadatta a celebrare i Divini Misteri con le pareti scrostate, il pavimento sconnesso e senza alcuna immagine sacra(3).

Testimonianza del “beneficio di San Donato” dal Partimento del 1776

Dalle Conclusioni Capitolari, secondo quanto riportato da Vincenzo Pellegrini, risulta che nel 1740 don Marco Antonio Lorusso domandava il concorso pecuniario del Capitolo nel restauro della chiesa di san Donato per adattarla al culto di san Francesco da Paola(4), santo calabrese che in quegli anni venne proclamato patrono del Regno delle Due Sicilie. Quest’idea venne probabilmente accantonata: il culto a san Francesco da Paola fu destinato alla vicina chiesa del Purgatorio in cui si venerava una statua vestita (oggi in deposito e bisognosa di restauri), mentre la chiesa fu lasciata al suo infausto destino. Nonostante l’abbandono del tempio, però, il beneficio continuava a fornire rendite ai suoi rettori (nel 1776, ad esempio, il beneficio era retto dal sacerdote don Donato Deastis e consisteva in diverse case in città, terreni nelle aree rurali e serverie(5)).

Dagli anni Sessanta del Settecento la piccola chiesa fu definitivamente abbandonata e nel 1812 il sindaco Raffaele Cotugno ne propose all’Intendente della Terra di Bari l’abbattimento:

Qui vi è una piccola Chiesa […] chiusa da cinquant’anni, perchè da tal epoca non vi esperisce alcun culto nè propriamente vi è alcuna immagine, che possa farla rispettar tale. Questa minaccia a momenti rovina: e se ciò avvenisse potrebbe recar gravissimo detrimento alle vicine abitazioni, ed agli uomini. A riparar qualunque danno è mio dovere pregarvi che vogliate ordinarne la demolizione(6).

Stato attuale del luogo in cui si ergeva la chiesa. Perchè non denominarlo “Largo San Donato”?

Per comprovare la sua tesi, il Sindaco allegò la perizia tecnica sottoscritta dagli architetti della Comune di Ruvo Vincenzo Roselli e Pasquale Cervone. Questi, dopo aver osservato la piccola Chiesa detta S. Donato sita in questo Comune e propriamente nella strada del Purgatorio, certificarono che era assolutamente necessaria la demolizione di detta Chiesa, perchè disposta a cadere per non essere stata mai riparata nello spazio di moltissimi anni(7).

L’Intendente, però, prima di dare sull’assunto alcuna disposizione, invitò il sottointendente di Barletta a fargli arrivare informazioni in merito alla proprietà dell’edificio sacro: se di titolarità privata, era necessario raccogliere il consenso del proprietario alla demolizione, se di proprietà pubblica era invece opportuno esaminare se in vece di demolirla, possa più utilmente rifargli destinandola a pubblici usi(8).

La questione continuò a tenere banco per quasi un settantennio: solo il 15 gennaio 1879 il Consiglio Comunale ne deliberò la demolizione, cancellando un’ulteriore testimonianza del passato della Ruvo sacra(9) e facendo spazio al piccolo slargo posto tra la strada dell’Annunziata e via Cattedrale, che ben vedremmo denominato “Largo San Donato”, in memoria della vetusta chiesetta scomparsa.

San Donato (a destra) e altre statue posizionate in Cattedrale, appena “riemerse” dall’oblio. (foto tratta da: M. Summo, La Caccia… al Tesoro, in Il Rubastino, 1975, n. 1, p. 16)

Visto il perpetuato stato di abbandono della chiesa, non sappiamo quale raffigurazione del santo ne era venerata. Di san Donato, però, si conserva tutt’oggi una pregevole statua lignea, forse settecentesca, un tempo in Cattedrale. La statua fu “ritrovata”, nell’attuale corridoio di accesso all’ipogeo, dai giovani del Centro Turistico Giovanile “Torre del Pilota” in occasione della campagna di inventariazione delle opere d’arte della chiese cittadine compiuta nei primi anni Settanta del Novecento(10).

Foto Archivio fotobibliografico Cleto Bucci – © All rights reserved

La statua, alta palmi 4, era citata tra i beni della Maggior Chiesa in un inventario di inizio Ottocento(11) e pare essere una pregevole opera di scuola napoletana: completamente “indorata”, raffigura il santo in abiti vescovili col braccio destro benedicente e con la mezzaluna stretta nella mano sinistra. Bisognosa di restauri, è ora accantonata in un deposito della Curia, in attesa di essere esposta nella sezione ruvese del Museo Diocesano che, pare, debba essere ospitato nella chiesa dell’Annunziata.

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Si ringrazia Cleto Bucci per la consueta disponibilità e per le preziose indicazioni.

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Note

Note
1 Fons Perennis Ecclesiae Cathedralis Ruborum…, 1658, f. 89 t.
2 C. Lojodice, Per Antonio Avitaya, in Rassegna Pugliese, 4 Maggio 1890, Vol. VII, num. 7, p. 100
3 C. Bucci, Delle antiche chiese di Ruvo, Terlizzi 2015, p. 36
4 V. Pellegrini, Ruvo Sacra, Molfetta 1970, p. 236 e V. Pellegrini, Ruvo Sacra, Fasano 1994, p. 126
5 Biblioteca Provinciale Bari, Partimento della massa capitolare fatto dai segretari razionali eletti nella città di Ruvo, 1776
6 Archivio di Stato di Bari, Intendenza di Terra di Bari, Culto e dipendenze, b. 25, Demolizione della chiesa di S. Donato, 1812
7, 8 Ibidem
9 C. Bucci, Delle antiche chiese di Ruvo, cit., p. 36
10 T. Tambone, Interessanti reperti nella Cattedrale di Ruvo, in La Gazzetta del Mezzogiorno, 19 maggio 1974, p. 21
11 ASBA, Intendenza di Terra di Bari, Culto e dipendenze, Stato dimostrativo dei quadri, delle statue e dei bassirilievi delle chiese di Ruvo, 1811

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