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Festa della Madonna di Lourdes. Due processioni a Ruvo nella Giornata mondiale del Malato.

Domani, 11 Febbraio 2012, si festeggia la Madonna di Lourdes nel giorno della sua prima apparizione alla pastorella Bernardette.

A Ruvo fervente è il culto verso la Vergine e numerose sono le raffigurazioni della grotta dell’apparizione: in via Primo Maggio, addossata alla parete esterna dell’Ospedale di Pietà; nei pressi del Santuario della Madonna delle Grazie, realizzata nel 1974 ad opera del rettore del Santuario don Vincenzo Pellegrini; in via Modesti in una edicola popolare. Anche le celebrazioni annuali sono multiple.

Nei giorni scorsi, infatti, la comunità parrocchiale della Cattedrale ha celebrato un triduo in preparazione della festa e domani, dopo la messa vespertina, si porterà in processione “aux flambeaux” (con le candele) alla grotta nei pressi dell’Ospedale.

La comunità parrocchiale del SS. Redentore, invece, ha celebrato una solenne novena nei giorni scorsi e domani terrà, sempre dopo la S. Messa serale, la processione “aux flambeaux” in Piazza Matteotti.

Domani, in coincidenza con la festa mariana, si tiene la XX Giornata Mondiale del Malato in occasione della quale il Vescovo della nostra Diocesi S.E. Mons. Luigi Martella ha inviato a tutti i malati il messaggio che potrete leggere a seguire.

Carissimo/a,

mi è gradito entrare in casa tua, attraverso questa lettera, per incontrarti e per esprimerti il mio affetto e la mia vicinanza. Fra qualche giorno, la Chiesa celebra la giornata mondiale dell’ammalato, proprio l’11 febbraio, festa della Madonna di Lourdes, giorno in cui ogni sofferente sente particolarmente l’abbraccio tenero della Madre celeste. Da parte mia, voglio assicurarti che non manca mai la preghiera per te e per tutti quelli che soffrono nell’anima e nel corpo. Oggi, però, voglio soffermarmi un po’ con te, immaginando non di fare lunghi discorsi, ma per il piacere di raccogliere le tue confidenze, per ascoltare i tuoi silenzi, per comprendere i tuoi sguardi, per condividere le tue ansie e le tue speranze.

Non intendo farti da maestro, tu sicuramente avresti da insegnarmi tanto dalla tua cattedra di sofferenza. Non intendo neppure consolarti; intendo solo “partecipare”.

Una volta andai a trovare un ammalato, un caro amico, e cominciai a dire qualcosa, così, senza sapere nemmeno cosa esattamente dicessi, ma lui con un filo di voce mi chiese di non parlare. «Non dire niente, stringimi la mano, e stai così». Compresi subito che gradiva non tanto le mie parole, quanto il dono della mia presenza. Dentro di me lo ringraziai perché mi liberò pure dal timore di dire qualcosa di fuoriposto.

Ecco, cara sorella, caro fratello, vengo a stringerti la mano e stare un po’ con te. Perché, partecipare vuol dire stare vicino, soffrire lo stesso dolore, capire, tacere, rendersi utili. Partecipare vuol dire non abbandonare al suo destino chi è nella prova, significa condividere il dolore, aiutare a sopportarlo. Partecipare significa pregare l’unico Essere in grado di confortare veramente: Dio il Consolatore. Bisogna rendersi conto di una cosa: il bene e il male non appartengono mai solo ad alcuni, ma a tutti noi. Nessuno può vantare diritti di immunità riguardo alla sofferenza, né per i motivi di età, né per condizione sociale, né per qualche merito particolare. Mio malgrado, mi accorgo che sto venendo meno al proposito di non parlare, e chiedo perdono. Visto, però, che mi sono lasciato prendere dalla tentazione di rompere il silenzio, permettimi di aggiungere un altro breve pensiero. Talvolta il mistero del dolore sembra offuscare il volto di Dio, rendendolo quasi un estraneo o, addirittura, additandolo quale responsabile della sofferenza e del dolore, ma gli occhi della fede sono capaci di guardare in profondità questo mistero. Dio si è incarnato, si è fatto vicino all’uomo, anche nelle sue situazioni più difficili; non ha eliminato la sofferenza, ma nel Crocifisso risorto, nel Figlio di Dio che ha patito fino alla morte e alla morte di croce, Egli rivela che il suo amore scende anche nell’abisso più profondo dell’uomo per dargli speranza. La speranza corroborata dalla preghiera può essere di aiuto nell’affrontare la sofferenza. La preghiera non libera dalla sofferenza, ma la trasforma e dona conforto e pace. Chiediamo, dunque, a Dio di donarci un po’ del suo spirito di amore, proprio come Gesù ha donato il suo spirito ai discepoli per farli vivere di lui.

La cara Madonna dei Martiri, che vive nella sua pelle il “martirio” di ogni suo figlio e figlia che sono nella sofferenza, ti protegga sotto il suo manto e ti dia sollievo con l’olio della consolazione e il balsamo della speranza. Un abbraccio.

Tuo

don Gino – Vescovo

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